Sunday 18 December 2011

what are you going to say if nothing happens?


This one's in Italian only, sorry folks...

Scritto lungo la tratta di autobus New York City - Washington DC

"Sai a che ora arriva a Brest?" Dissi col mio francese stentato.
"Alle dieci. Dieci e un quarto."
Non che fosse questo grande esordio. Avevo appena comprato un biglietto per la tratta ferroviaria Parigi - Brest e ovviamente conoscevo l'orario d'arrivo. Ma del resto non ero mai stato bravo ad attaccar bottone, soprattutto con le ragazze bionde e dall'audace scollatura.
"Vivi a Brest?" Le chiesi.
"Nelle vicinanze."
"Trascorso il weekend a Parigi?"
Proprio così, aveva trascorso il weekend a Parigi. A casa di amiche. E il motivo esatto della visita era il concerto di un gruppo dal nome impronunciabile, ma che io ovviamente finsi di conoscere. La mia cultura musicale, in realtà, si fermava ai vincitori del Festivalbar.

"...Prima volta in Francia?" Mi chiese, accennando un sorriso.
"No...no, in realtà ci sono stato anche lo scorso inverno...per una collaborazione con il Centro di Oceanografia..." e le raccontai del progetto di ricerca sulle alghe, edulcorandolo con presunte finalità ecologico-sociali, dato che mi vergognavo del fatto che il mio viaggio in Bretagna fosse finanziato da una multinazionale che produceva cosmetici.

"...Sai," disse "anche a me sarebbe piaciuto diventare una biologa, ma non me la sono mai cavata con la matematica, allora ho deciso di studiare legge."
La conversazione andò avanti ancora per qualche minuto, ma io sentivo di avere ormai terminato le cartucce. Chiedere orario d'arrivo: fatto. Indagare sul suo weekend parigino: fatto. Sparare qualche cazzata sul mio progetto di ricerca: fatto. Dunque, la conversazione che mi ero tanto accuratamente preparato, sembrava ormai a volgere al termine.
Poi, a sorpresa...
"...Pensavo che se a Brest non conosci nessuno, si potrebbe andare a mangiare una cosa assieme, domani sera," disse lei.
"Bene, si...certo, ottima idea, perché no?" Risposi.
Ecco, ora dovevo solo inventare un'altra balla per disdire la cena a casa del Prof. Tanon. In fondo non se la sarebbe presa, anzi, avrei tolto sua moglie dall'imbarazzo di dover impressionare con la cucina francese un rital.

"Salut!" Esordì, "è tanto che aspetti?"
Al pensiero di dover uscire con lei avevo deciso di andar via dal laboratorio un'ora prima del previsto. Ero talmente impaziente che mi ero presentato sul luogo dell'appuntamento con circa ventisette minuti d'anticipo.
"...Oh no, non preocuuparti," dissi io, "sono qui da cinque minuti. Si va?"

Non ricordo quali parole usai esattamente, ma giunto al quarto bicchiere di bianco, balbettai qualcosa come: "...restare...mia stanza...bottiglia vino..."

Penombra. La bottiglia presa dal frigo-bar rovesciata sul pavimento. Vuota. Un calzino a righe. Un letto disfatto. E nel letto, lei. Nuda. Distesa accanto a me...

Era seduta accanto a me, con indosso il suo cappotto marrone, mi aveva chiesto qualcosa. Ma io, la mente pervasa da quel poderoso orgasmo, non l'ascoltavo.
"Scusa, mi faresti passare?" Disse alzando la voce, "scendo alla prossima fermata."
"Certo, scusami," risposi. "Ti aiuto a prendere la valigia. Ecco fatto".
"Grazie," disse lei. E fu l'ultima parola che la sentii pronunciare.
La seguii con lo sguardo, mentre scendeva dal treno e con passo deciso si allontanava dalla banchina, per poi perdersi tra le sue braccia.
Avevo impiegato circa un'ora per trovare il coraggio di rivolgerle la parola. E a lei bastarono tre minuti per dirmi, così en passant, che il suo ragazzo l'aspettava alla stazione.

A Brest aveva iniziato a piovere. Mi avviai a piedi verso l'albergo. Forse il weekend parigino non aveva rispecchiato del tutto quelli che erano i miei propositi iniziali. Eppure non potevo lamentarmi. Erano stati due giorni diversi. Diversi dai weekend che ero abituato a trascorrere dai miei, in pianura.
Smisi gli abiti e mi lavai velocemente. Il pensiero dei suoi capelli biondi svaniva lentamente. L'indomani mi aspettavano le mie alghe.

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